Bisca SDS 1984 – genesi e storia del primo disco dei Bisca

1 Giugno 2017

BISCA 1984 SDS

Da ragazzo tutte le domeniche andavo al Velvet o al Notting Hill (club napoletani dove si faceva musica dal vivo) ad ascoltare i Bisca. Erano i primi anni ’90, quelli che da “Il Topo” portavano a “La Bomba Intelligente”.

Sono cresciuto con quei suoni, era la seconda vita dei Bisca, quelli che da lì a poco avrebbero avviato un fortunato sodalizio con i 99 Posse raggiungendo un vastissimo pubblico.

I Bisca suonavano in quartetto una musica difficilissima da etichettare, principalmente funky con elementi di jazz, punk e rock. I testi erano quasi tutti dei tormentoni, delle filastrocche spesso scostumate che a volte mutavano proprio grazie all’interazione col pubblico. Sergio “Serio” Maglietta ed Elio “100 grammi” Manzo una coppia stranissima.

Sergio, sassofonista dal fraseggio colto e di derivazione decisamente jazzistica ha un’aria intellettuale, capelli corti e idee chiare. Elio, invece, si muoveva come un serpente insieme alla sua Stratocaster con una padronanza paurosa delle ritmiche tipiche del funk ma adattandole al punk e al rock. Poi, come dice il suo soprannome, è magrissimo e senza un capello, sembra uscito da una bettola di qualche paese arabo, lo vedrei anche in un film di 007 per un ruolo da criminale. Insieme sono perfetti, una macchina da funk, sudore e rock’n’roll.

Sergio ed Elio

Io sono sempre stato un fan dei Bisca, innanzitutto perché sono sempre stati fuori, non con la testa, ma fuori da logiche di mercato, da etichette, da qualsiasi moda e poi ancora perché sono straordinariamente e insospettabilmente colti: nella loro musica c’è di tutto.

A Maggio 2016 incontro Sergio Maglietta e Elio Manzo, i due leader dei Bisca, nella casa/studio di Elio e loro mi cominciamo a parlare dei loro esordi, delle scomparse di Bruno Esposito (il primo batterista) e di Dario Jacobelli (poeta, autore di molti testi, il sesto Bisca, quello che non appariva mai nelle foto ufficiali ma che era da sempre con loro).

Sergio “Serio” Maglietta
Elio “100 gr.” Manzo

Poi mi parlavano anche degli altri due Bisca: di Giancarlo Coretti (chitarra e voce nonché fondatore dei Bisca) e di Amedeo Fogliano, (il bassista). Giancarlo e Amedeo hanno lasciato la musica.

Giancarlo Coretti
Amedeo Fogliano

A Luglio 2016 Giancarlo torna a Napoli e, anche se per un solo giorno, riescono a riunirsi e mi ritrovo al mio studio fotografico i primi Bisca, quelli degli esordi. Quella formazione non suonerà mai più una nota insieme perché proprio poco tempo fa è scomparso anche Giancarlo Coretti. La loro ultima volta è stata proprio davanti al mio obiettivo. Posso dire con orgoglio che sono stato la scusa per farli riunire, circa 30 anni dopo.

Bisca 2016

Quello fu un pomeriggio bellissimo, non fu un pomeriggio celebrativo o nostalgico come succede in quelle occasioni in cui si ritrovano vecchi compagni di classe e si parla solo del passato, ma fu un pomeriggio dove si parlava di progetti, un pomeriggio creativo.

I Bisca nel 1981
Ritratto dei Bisca, formazione originale 1981

Invito chi vuole davvero comprendere che aria tirava nel 1984, quando i Bisca registrarono SDS a leggere “Terremoti”, il primo romanzo di Sergio Maglietta (proprio il cantante sassofonista) che racconta in forma romanzata la Napoli punk dei primi anni 80.

Così, oggi, dopo la scomparsa di Giancarlo, ho voluto capirne di più e mi è venuta una gran voglia di parlare dei Bisca. Del loro esordio, del loro passato e in qualche modo rendere onore e giustizia ad una band che, molto probabilmente, se non fosse nata in un paese dove il rock è musica per pochi, sarebbe un riferimento e il loro primo disco, SDS 1984 BISCA, una pietra miliare. Non tanto per la qualità artistica (indubbiamente alta) ma per il coraggio di proporre musica diversa, nuova. Ma, si badi bene, non fu una scelta ponderata quella del nuovo, ma fu conseguenza dell’incontro di questi ragazzi, del loro modo di essere e di fare musica.

Giancarlo Coretti di ritorno dalla sua esperienza londinese torna con i dischi di Blurt, trio inglese sax chitarra e batteria e James Chance & the Contortions, la cosiddetta “no wave”… lo ska che era il genere che i 5 avevano scelto di suonare  viene subito abbandonato e ne viene fuori una musica diversa, nuova, che prendeva proprio spunto da quelle band inglesi.

Ho chiesto a Sergio Maglietta di raccontarmi qualcosa sulla genesi di quel disco ed ecco cosa mi ha raccontato:

SDS 1984 … che cazzo di questione ci stavamo pigliando!

Eravamo degli spiriti inquieti. Su questo non ci piove.

E a sentirlo per bene questo vinile restituisce parecchie delle suggestioni che ci rapivano. Prima di tutto il suono;  così insolito, così incapace, cosi artigianalmente sperimentale.

Il disco, da questo punto di vista, è un documento analogico che contiene già in sé i segni del suo tramonto, del suo declino. Dell’analogico intendo.

Noi lo volevamo più o meno così.

Nel senso che facemmo di tutto per produrre, anche sonicamente, quella frattura che caratterizzava la nostra musica e il nostro approccio ad essa. E lo facevamo in un periodo in cui la semplice idea di avere qualcosa da dire sul suono registrato (in Italia) era, più che una bestemmia, semplicemente inconcepibile.  Ricordo la disponibilità di Ninni Pascale (ingegnere del suono  dello studio di registrazione il Parco dove il disco SDS fu registrato) ad assecondare quei tentativi, tra il maldestro e il geniale, di produrre una cosa che suonasse assolutamente BISCA. Ci inventammo di tutto, ad esempio il colpo sul timpano con un piatto schiaffato sopra che faceva tanto effetto industrial . O la chitarra accordata a cazzo di cane “flapposa” per produrre effetti noise da spruzzare qui e là nel missaggio. Oppure il pianoforte “stranito” ripreso con un microfono ad improbabile distanza per restituire un suono spettrale da sottoscala post atomico. E i carillon dei  giocattoli dei bambini, o l’abbaiare del cane di Bruno,  inseriti ritmicamente nei pezzi con procedure materialissime di editing manuale del  nastro magnetico . Il campionatore non era ancora neanche stato ipotizzato. E in tutto questo splendore di  analogicità e chitarre e strumenti suonati  ecco tutto ad un tratto prorompere in scena nel suo goffo splendore una batteria elettronica, quelle di primissima generazione. In contrasto più che stridente con l’atmosfera punk delle nostre ipercinetiche composizioni. Beh oggi questo non  stranisce più di tanto ma vi garantisco che lo spiazzamento, prodotto dall’accostamento di mondi così distanti, era notevolissimo. Sonorità proto elettroniche mischiate alla ruvidezza delle chitarre distorte centrifugate con atmosfere jazz fumose da sassofono allo sbando. Echi dub come note  di un chitarrista reggae che si è sperso nei vicoli della ferrovia a Napoli . E riff, e feroci pedali di basso. Le cose erano  esattamente dove non ti aspettavi che fossero, e il bello è che erano state messe a posta lì.

Che cazzo di questione ci stavamo pigliando !

Sergio “Serio” Maglietta

Mentre ad Elio ho chiesto di parlarmi del vinile. In effetti, è un disco curatissimo, non solo come suoni, ma è un vero e proprio pezzo di arte analogica.

Ecco cosa ha raccontato:

L’artwork della copertina di SDS 1984 Bisca fu un idea di Sergio, così come il testo del brano che diede nome al disco e che era ed è ancora oggi una sorta di manifesto della nostra idea di fare musica…
Apparato di distruzione semiotica / distruggi la gabbia / segni precostituiti come cibi precotti.

Ricordo che non fu semplice la realizzazione, in quanto innanzitutto il materiale di cui era fatta, cioè il cartone ondulato
non poteva essere lavorato dalle macchine quindi le copertine furono incollate manualmente.


Ci vennero consegnate senza grafica, in modo che noi potessimo scriverci il titolo e quel segno grafico sul retro.


Questa operazione fu fatta a casa di Sergio e più precisamente nella sua camera e furono utilizzati pennelli e pittura nera.
Partecipammo più o meno tutti, a turno, e fu molto difficile perché la prima stampa era di 1000 copie che dopo essere state dipinte dovevano stare un po ad asciugare e quindi la stanza di Sergio rimase per un paio di giorni tappezzata di copertine e puzzolente di pittura.

Da un’altra parte sempre noi tutti alternandoci piegammo mille fogli con le info e i testi del disco a forma di aeroplanino.

Finita tutta questa operazione le copertine furono riconsegnate allo stampatore per poter inserire il vinile e il foglio piegato all’interno e incellofanare il tutto.
Ovviamente tutto ciò fu solo per la prima stampa di 1000 copie, per le successive fu stampato un piccolo foglietto con il titolo poi
inserito stesso dallo stampatore.

Effettivamente avere tra le mani una di queste copie è magnifico, toccandolo si vede quanta cura e quanta creatività abbiano messo i Bisca nel confezionare (e mai termine fu più appropriato) un piccolo gioiello analogico.

Elio racconta anche qualcosa sulle registrazioni e sul processo creativo:

Il disco fu registrato allo studio il Parco e ricordo che fu spesso utilizzato il cesso per le riprese, in particolare del sax, che lì dentro aveva un suono bellissimo.

I testi che avevano più una forma canzone li scriveva Giancarlo, mentre quelli più “primordi rap” erano di Sergio, ma anche io e Bruno raramente ci cimentavamo nella scrittura….e ovviamente Dario (Jacobelli), anche se certamente qualsiasi idea era elaborata e “frullata” insieme….da tutti, come un vero gruppo anche perché cantavamo tutti, almeno in quei cori così caratterizzanti della nostra prima produzione.
Dario Jacobelli, scomparso nel 2013, è stato sempre con i Bisca, ma non ha mai fatto parte ufficialmente della formazione, era sicuramente uno dei fondatori.
Ancora Elio:

Non ricordo se in 1984 Dario facesse ancora parte del gruppo come musicista, ad ogni modo lui è sempre stato uno dei Bisca. All’inizio era il percussionista poi non più, in seguito paroliere insieme a Sergio. In ogni caso è capitato più volte che salisse sul palco a cantare o recitare qualche sua nuova scrittura.

Di seguito voglio raccontarvi, brano per brano, proprio tutto il disco e, se proprio non riuscite a procuravi il vinile (anche se non è la stessa cosa) vi invito ad ascoltare qualcosa direttamente sul sito dei Bisca  a questo link:

http://www.bisca.it/discoteca_album.php/a/18/SDS_1984.html

o ad acquistare il doppio cd “Collezione 1982 – 1984” uscito nel 2015 che contiene interamente SDS, l’EP degli esordi e un live inedito.

SDS 1984 Bisca – Brano per Brano

Pianterreno – 00:47

Voci confuse, in dialetto siculo, napoletano e in italiano che si possono ascoltare al pianterreno di un condominio si intrecciano e fanno da prologo alla maleducata e ipnotica sbobba di funk punk jazz rock no-wave

Dr. Jekyll – 03:30

Il sax di Serio vomita un nervoso riff di derivazione coltraniana su base funk con tanto di basso slap a cui rispondono in controtempo chitarre e urla. Il solo è di Serio ed è fatto di licks a cui risponde Elio con riff chitarristici. Poi ci sarebbe anche il testo: “Dr Jekyll e Mr. Hide sono solo vecchi amici che si guardano le spalle”

Le voci bianche sono di Filippo figlio di Dario e di Giulia, nipote di Giancarlo Coretti.

Chi è stato – 03:58

Una linea di basso ipnotica più un riff jazz rock suonato dal sax introducono un ritmo ska – pop che naturalmente si svela: è una scusa per sperimentare riff, licks, power chords e una voce che si chiede “chi è stato?”

Wolfman – 01:50

Anche i Bisca hanno un supereroe, è Wolfman. Cosa fa? Naturalmente abbaia e questa è la sua sigla. Scimmiotta quella notissima di Batman. Siamo in un trash-wave-pop-comic. John Zorn nel 1989 uscì con Naked City, potrebbe tranquillamente essere dentro quel disco.  La voce di Wolfman è di Gelsomina, l’inseparabile volpino bianco di Bruno Esposito.

Prendi quella gente – 02:07

Il funk lascia spazio al punk, tiratissimo up-tempo nervoso ed energico, ideale per pogo e sudore. 2 minuti di puro Bisca delirio

SDS – 05:36

La title track, jazz rock con la linea di basso che da sola è un riff, con il sax di Serio che svela quanta cultura ci sia dietro quelle svisate. Ognuno contribuisce in SDS al risultato finale. Il testo è ermetico e ipnotico, anche il testo in fin dei conti è un riff. SDS è un apparato di distruzione semiotica  Semiotic Destroy System

Collezione Primavera Estate – 03:16

Non sense, come il testo in napoletano, per un brano dove diminuiscono i bmp e dove Sergio suona in stile free jazz

Happiness Violence – 02:38

Punk, il brano più punk del disco fino all’ingresso del sax che lo rende improvvisamente melodico, quasi pop. La violenza si fa felice.

English Way – 03:35

Lo stile inglese di vita non è importante. Nemmeno quello italiano. Una filastrocca ipnotica cantata in inglese inacidita da accordi di chitarra funk. Poi entra il sax, stavolta quasi mediterraneo, a rendere il tutto melodico mentre la chitarra disegna un riff che ricorda una sigletta di certi videogames da bar dei primi anni 80. Tutto per i primi due minuti, finchè non cambia il tempo e il tutto diventa arrabbiato, trash punk, le voci urlano, Why/ did you say why

Mix – 05:15

Un tessuto ritmico mid-tempo con basso slap su cui si inseriscono i Bisca ognuno con la propria personalità. Il brano respira fin quando il parlato ipnotico racconta di una sporca eroina e introduce alchimie elettro-pop, il testo diventa in inglese, ci sono percussioni e dissonanze. E’ un trip sonoro dove Serio e il suo sax usano idiomi jazz.

Buster Keaton 02:02

Si ritorna al punk, post punk e alle insane armonie. Uno strampalato omaggio a Buster Keaton

Monk – 03:06

Il brano più rappresentativo dell’intero disco. Dedicato a Thelonious Monk, fonte di ispirazione dichiarata dei Bisca che prima di diventare Bisca hanno suonato jazz improbabile nella Inutil Jazz Band. C’è anche tanta padronanza tecnica, e qui forse è anche più evidente, in fin dei conti è un ritratto sgangherato di un grande jazzista che aveva una tecnica sopraffina. C’è anche la voce di Voco Fauxpas, fonico conosciuto durante le prime tournée in Svizzera, che poi sarà il produttore artistico di Bisca fino al 1988.

ABC – 03:53

Atmosfera da noir poliziesco e ritmo in levare con un sax che fa la melodia. E’ un mid-tempo notturno e sornione. Quasi uno swing. La degna conclusione di un disco inconsapevolmente geniale, unico e folle.

In memoria di Giancarlo Coretti, scomparso poco tempo fa. Senza di lui probabilmente non ci sarebbero i Bisca, i loro dischi e anche questo articolo.

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I commenti degli utenti

Mirko Soldati

Scritto il 21 Agosto 2017, 08:56:58

Molto interessante. Aspetto la prossima. Complimenti per le fotografie.